La profezia autoavverantesi

Il concetto di profezia che si autoavvera è stato introdotto in sociologia da Robert K. Merton nel 1948, nel suo libro Teoria e struttura sociale, per indicare quei casi in cui una supposizione, per il solo fatto di essere creduta vera, alla fine si realizza confermando la propria veridicità, seppur inizialmente infondata.

L’esempio celebre della profezia che si autoavvera fornito dallo stesso Merton riguarda il caso nel quale un insieme di risparmiatori, temendo il crollo finanziario di una banca, si reca in pochi giorni a ritirare i propri risparmi. Fino a quel momento la banca era un istituto solido e garantito, ma quando i risparmiatori, oltre che credere, agiscono come se il fallimento fosse davvero imminente recandosi tutti quanti a ritirare i depositi, allora essi fanno in modo che le loro aspettative diventino reali, ossia la banca fallisce.

In psicologia, una profezia che si autoadempie si ha quando un individuo, convinto o timoroso del verificarsi di eventi futuri, altera il suo comportamento in un modo tale da finire per causare tali eventi.

Ne deduciamo che il nostro pensiero, il nostro comportamento e – in maniera più sottile – la nostra energia possono modificare la realtà esterna.

E fin qua nulla di nuovo.

Ora, nella nostra cultura, noi siamo abituati a stabilire il nostro valore, i nostri pregi e virtù, a partire dalla realtà esterna.

Se mi dicono che sono bravo allora ne deduco che sono bravo.

Se mi dicono che sono cattivo allora ne deduco che sono cattivo.

Se nella vita sono riuscito a combinare poco allora ne deduco che sono un fallito,

ecc. ecc.

Tendiamo, dunque, a dedurre la realtà interna a partire da quella esterna.

Solo i bambini e i pazzi si sognano di credere in una loro realtà interiore senza tenere conto di quella esteriore.

Per le persone sane non è così; ce lo insegnano fin da piccoli: tu non sai chi sei, siamo noi che dobbiamo plasmarti e darti un’identità a nostra immagine e somiglianza (a partire dai genitori, per arrivare alla scuola, alla chiesa, al mondo del lavoro, ecc.)

E così nasciamo e continuiamo a vivere con l’idea di essere delle scatole vuote, che devono essere riempite in qualche modo da ciò che dice di noi il mondo esterno.

Ma esiste un’altra possibilità, una possibilità riservata a chi vuole rischiare di non seguire più i condizionamenti esterni e vivere finalmente la sua vita di individuo libero.

La sfida è questa: credere in sé stessi, prima di qualunque altra cosa. Credere nella Magia, attraverso un atto di Fede.

Qualcuno di voi avrà fatta propria la mia esperienza: tutte le volte che ‘oso’ ricorrere alla mia forza interiore, alla mia speranza, all’esterno si realizza il mio desiderio. Così come tutte le volte che temo, ho paura di qualcosa l’esterno mi dà conferma della mia paura.

La realtà esterna quindi risponde come uno specchio ai nostri desideri e paure?

Sembrerebbe proprio di sì.

Sembrerebbe che sia il pensiero a creare, “per magia”  la realtà esterna. Parlo di magia perché è qualcosa di sconosciuto alla mente razione, la quale ragiona per causa – effetto. Se là fuori sono visto così (causa), allora significa che sono cosà (effetto). In questo caso invece ribaltiamo i termini : se inizio a vedermi così (effetto), allora la fuori accadrà cosà (causa).

Se io smetto di pensare “sono un buono a nulla”, questa realtà non si verificherà più.

Ma anche fin qui niente di nuovo.

La novità è questa ed è questo il punto: IO DEVO FARE UN ATTO DI FEDE. AVERE COSI TANTA FIDUCIA NEL MIO PENSIERO, NON METTERLO IN DUBBIO PER ALCUN MOTIVO.. E SENZA ALCUNA PROVA ESTERNA!

Devo credere in me, nella mia energia, che è poi la stessa energia dell’esistenza, senza alcuna prova a mio favore!

E a quel punto allora sì che le prove arriveranno…

E’ l’esatto contrario di come ragiona la mente.. la mente dice prima dimostrami che questa mia condizione (la profezia autoavverantesi) non è vera e poi ti crederò…

L’esistenza invece funziona al contrario: ti dice credi in me a prescindere da tutto, abbi fiducia in te a prescindere da tutto, fai il pazzo ai tuoi occhi, credi a ciò che per ora non si vede , e – se davvero ci credi e non ti stai solo prendendo in giro – la realtà esterna ti porterà i risultati che speravi.

Ma attenzione non lo devi fare in nome di questo, in nome dei risultati che intendi ottenere, sarebbe troppo semplice. Quello non sarebbe un atto di FEDE, sarebbe semplicemente un calcolo mentale: se faccio X, mi arriva Y.

Devi farlo per un amore viscerale e incondizionato (senza condizioni) verso te stesso, il te stesso che è la creatura dell’esistenza, l’oggetto più vicino a te dell’esistenza, il modo più a portata di mano che hai per amare l’intera esistenza di cui ognuno di noi e ogni creatura fa parte.

Solo così, amando te stesso, dandogli fiducia, A PRESCINDERE da qualunque condizione che vorrebbe la mente (la società interiorizzata) , solo così amerai l’intera esistenza, e l’esistenza ti sarà riconoscente. L’esistenza tutta da cui non siamo MAI separati, ma da cui la mente ci fa credere di esserlo, mantendendoci costantemente nell’illusione e nell’inganno.

Michelangelo_Caravaggio_022

Nella foto: Abramo. Il sacrificio di Isacco, Caravaggio, Galleria degli Uffizi, 1594-1596

Genesi 22

Un giorno Dio disse ad Abramo: «Offrimi in sacrificio il tuo unico fi­glio, Isacco». Abramo si meravigliò: Dio gli aveva promesso una nume­rosa discendenza, ed ora gli chiede­va di sacrificare il suo unico figlio. Egli era molto vecchio, altri figli non avrebbe potuto averne: come dun­que si sarebbero realizzate le pro­messe annunciate dal Signore? Abramo non capiva: ma se quella era la volontà di Dio, bisognava obbedire. Una mattina caricò l’asino con della legna, e partì con Isacco che era ormai un ragazzo. Giunto al monte Moria, lasciato l’asino caricò la legna sulle spalle di Isacco e con lui salì il monte. Sulla cima preparò un altare, vi dispose la legna e so­pra la legna mise il ragazzo; estrasse il coltello, e stava per vibrare il col­po quando un angelo di Dio gli fer­mò la mano e gli disse: «Non ucci­dere il ragazzo, non fargli alcun male! Ora Dio sa che tu lo ami so­pra ogni cosa, tanto che non gli hai rifiutato il tuo unico figlio». Dio ave­va messo Abramo alla prova.

E così l’ Esistenza continua a fare con noi.