L’ Amore oltre la Forma (di Gabriele Pintaudi)

R: Tutte le arti e le discipline richiedono una totale dedizione, un grande fervore.
Con il passare del tempo ci indeboliamo e iniziamo a perdere forza e potenza.
Se pratichiamo arti marziali il nostro pugno sarà meno esplosivo, se disegniamo il nostro tratto sarà più incerto, ma non perderemo nulla della originaria vitalità ed entusiasmo.
L’anima con cui facciamo le cose supera la tecnica e la sostiene; l’amore che ci mettiamo va oltre le forme.
L’emozione che trasmettiamo sarà ugualmente intensa.
Se invece abbiamo fondato tutto sulla forma, il rito e la tecnica, presto ce ne renderemo conto. La regressione fisica mostrerà immediatamente la perdita di entusiasmo e di vitalità. E’ molto facile vederlo nei danzatori: quelli che sentono profondamente continuano anche dopo i 50 anni, mentre gli altri si fermano a 30 o 40.

D: Ma l’artista si ritrova comunque sempre un po’ insoddisfatto. E’ anche questa forse una forma di pretesa..

R: Quando pratico Aikido e vengo proiettato da qualcuno, posso sentire dolore ma mi sento felice.
Un musicista che non riesce a trovare la giusta melodia o un poeta che non riesce a trovare una rima, avverte sofferenza. Tuttavia è un punto di sofferenza in uno sfondo di gioia. O meglio, queste due cose sono la stessa cosa, un po’ come paura e desiderio o piacere e dolore. E’ spesso difficile constatare dove inizia uno e finisce l’altro.
Questa forma di angoscia non è angosciante, per così dire, non è psicologica e non viene dal rifiuto. E’ una sofferenza inclusa nel Si alla vita. Quando si ama davvero è così, non si esclude niente e non ci sente esclusi e mancanti nonostante tutto.
Prima di salire sul palcoscenico, si ha paura ma si è già lì. Prima di affrontare il prossimo combattimento, già si sente nel corpo. Prima di incontrare l’amato c’è sia timore che esaltazione. E’ la stessa cosa.
Tutto questo non è affatto contro l’apprendimento formale, anzi; E’ proprio questo amore per l’arte che porta ad affrontare un difficile percorso tecnico, altrimenti sarebbe impossibile.
L’amore porta allo sforzo, ma lo sforzo non può portare all’amore. E’ inutile tentare di amare ciò che non si ama. I bambini tentano di amare Dio anziché rotolarsi e giocare nel fango, e questo produce una sorta di senso di colpa perenne. Tutti gli schemi della società si basano su questo tentare di riempire i vuoti attraverso dei riti che dovrebbero consolidare l’amore, e invece spesso lo trincerano e quindi lo appassiscono.
In questo senso ci si sente imprigionati dentro la necessità di amare ed essere amati, e questo non è amore. Si produce attaccamento, proprio come quando si sta imparando una disciplina e si rimane incastrati dentro una morta ripetizione.
Il rituale quindi non viene dall’amore ma tenta di compensarlo: ed è la fine dell’amore. Un bambino è amore, non ha bisogno di amare. E’ sufficiente supportare questa verità, ma noi non lo sappiamo, quindi lo portiamo ad attaccarsi alle cose. Per mantenere un amore falso quindi è necessario riportare sempre tutto nell’evidenza delle cose, cioè al fare.
Il bambino ha bisogno di indirizzare la sua gioia in qualcosa, è naturale. In questo modo avrà il tempo per maturare serenamente e trovare le sue risonanze. Ad esempio se cresciuto in una famiglia cristiana che non gli impone di essere cristiano, potrà lui stesso entrare in questa visione di cose con i suoi tempi e spazi. Ma più gli si impone di essere cristiano e più questo genererà rifiuto.
Non importa quindi cosa diremo a nostro figlio e cosa gli insegneremo: l’importante è il modo e il momento in cui glielo diremo. La stessa medicina ha un effetto diverso se presa in un certo momento o in un certo stato d’animo, anche se il medico materialista non sarebbe d’accordo. Se voglio insegnare a mio figlio a suonare il pianoforte non approfittando del suo naturale avvicinarsi a questo strumento, provocherò l’effetto contrario.
Noi invece vogliamo trasmettere informazioni, cioè tecniche, per sostituire l’amore. Gli diremo che abbiamo letto cinque libri che provano che fumare fa male: se non è idiota, ce ne porterà dieci che dimostrano il contrario! In questo modo non c’è dialogo.

D: Quindi come comportarsi?

R: Non c’è un come! E’ proprio il come il problema.
La sola cosa da fare è condurlo all’ascolto della situazione. Come si sente quando fa quella data cosa? Cosa prova? Come percepisce l’ambiente? Tutto questo non passa da una conoscenza. Potrà, in futuro, portare ad un approfondimento tecnico, ma esso viene dall’ascolto e non dalla memoria e dai dati. Se proibiamo all’amato di far qualcosa, farà di peggio. Se proibiamo al figlio di drogarsi, andrà a prostitute. Non possiamo bloccare l’energia ma possiamo aiutarlo ad ascoltarsi.
Dunque riconosciamo di aver paura noi, innanzi tutto. Non è detto che le nostre paure corrispondano alle paure di nostro figlio, nostro padre e nostra moglie. Noi non sappiamo nulla degli altri.
Il materialismo proprio dell’Occidente immagina che un poeta non possa fare poesia senza padroneggiare la lingua o qualcuno non possa essere un massaggiatore senza apprendere la tecnica; L’amore porta alla tecnica ma la tecnica non può portare all’amore. Si può essere danzatori senza conoscere i nomi dei passi o pittori senza saper ritrarre dal vero.
Praticare la tecnica è dunque una forma di gratitudine a questa passione, ma non potrà mai sostituire la passione.