Haruki Murakami

“Proverò a parlare di me. A presentarmi con parole mie. L’ho fatto tante volte quando ero a scuola. Ognuno di noi a turno doveva mettersi di fronte alla nuova classe e presentarsi. Era una cosa che odiavo. O meglio, piú che odiarla non ne vedevo il senso. Che potevo saperne io di me stesso? Ero proprio io quel personaggio che riuscivo a percepire con la mia coscienza? Proprio come quando uno non riconosce la propria voce incisa su un registratore, mi chiedevo sempre se l’immagine che percepivo di me stesso non fosse un’immagine distorta che mi ero fabbricato su misura. Ogni volta che ero costretto a presentarmi davanti alla classe, mi alzavo in piedi con una sensazione di disagio. Mi sembrava di essere un truffatore. Per questa ragione cercavo sempre di dire solo fatti oggettivi, evitando interpretazioni o commenti: Ho un cane, mi piace nuotare, non mi piace il formaggio eccetera. Malgrado ciò provavo lo stesso la sensazione di star parlando dei fatti immaginari di una persona immaginaria. Anche quando ascoltavo gli altri, mi sembrava che parlassero tutti di qualcuno che non erano loro. Tutti vivevamo respirando l’aria irreale di un mondo irreale.”

Haruki Murakami, 70 anni oggi
da”Dance, dance, dance”